di Guido Di Stefano
Si sentenzia continuamente: “Chi tradisce una volta, tradirà sempre”. Ma quale comportamento si aspettavano dunque dagli italici governanti il Frankfurter Allgemeine Zeitung e tutti gli statisti (europei) riguardo a tutti i trattati “regionali” relativi alla UE (non nata). Comprendiamo le loro argomentazioni e le loro ragioni ma evidenziamo che le loro disapprovazioni non si sono mai sentite e/o lette quando gli italici governi hanno sistematicamente violato il “poco” famoso trattato di Parigi del 1947, recepito dal parlamento italiano nel 1952, in danno di due nazioni “conquistate” e cioè la Sicilia e la Sardegna. Firmato da “tutto il mondo” quel trattato di “presunta” pace e da tutto il mondo sistematicamente “negletto”, per favorire una entità (NATO) che proprio non sembra avere a cuore i popoli del continente europeo, del Mediterraneo. dell’oriente e di quasi tutto l’emisfero australe; una entità che per ripetute asserzioni di alcuni suoi alti vertici è “programmata” per scontrarsi e all’uopo sparire nello scontro contro tutti i “non adoratori” del dio dollaro.
Come interpretare il profondo e universale silenzio che avvolge le violazioni del trattato di pace di Parigi? Forse il popolo Sardo e il popolo Siciliano non meritano attenzione e rispetto da parte dei così detti statisi del mondo (grandi o piccoli che siano)? O forse, peggio ancora, sostanzialmente hanno “scientemente” firmato un armistizio e non un trattato di pace, sì da potere perpetuare in Europa un effettivo stato di guerra contro dei nemici virtuali e/oppure occasionali? D’altra parte la detta 2 guerra mondiale si può considerare conseguenza-continuazione della 1 “non chiusa” con un trattato di pace sprezzantemente umiliante per alcuni vinti e per qualche vincitore, perché così si volle fuori del continente; e non dimentichiamo che in entrambi i casi, in “quasi chiusura delle ostilità” ci furono “manifestazioni di intenti” ostili verso l’est europeo, perché così si sognava nell’occidente extra-continentale.
E partendo da questo preambolo torniamo un poco indietro nel tempo, proprio “in diebus illis” (ovvero in quei giorni che furono). Chissà, forse tesaurizzeremo qualche ricordo storico.
Correva l’anno 1337 quando il Regno d’Inghilterra esportò una magnifica guerra sul continente per “colonizzare” il Regno di Francia con annessi, connessi e pertinenze. Fu definita la guerra dei cent’anni e si chiuse nel 1453. Conobbe della pause e dei momenti di stanca, ma distruzioni, saccheggi e massacri devastarono solo le terre continentali. Conobbe momenti romanzeschi comprensivi di eroismi e tradimenti, ivi compresa l’orgoglio della pulzella d’Orleans (Giovanna d’Arco) “quasi ritualmente” messa al rogo dagli Inglesi e, dicono i malvagi, regolarmente tradita da istituzioni continentali. Una lunga guerra combattuta “in trasferta” dagli invasori: l’inizio forse di una moda ancora attuale. E’ facile guerreggiare in casa d’altri e meglio ancora se si mandano avanti gli altri, standosene a distanza di sicurezza per spingere i belligenti delle prime file!
Poi incontriamo la guerra dei trent’anni (1618-1648): mascherata inizialmente da motivi religiosi (presunte divergenze tra i cristiani) rientrò poi nei suoi confini laici (potere e dominio), sempre caratterizzata dai più efferati crimini e massacri. Certamente i popoli non erano tanto “felici” e i governanti consentirono alle soldataglie di sfogare i più bassi istinti in danno delle popolazioni inermi.
Non fu trascurabile neppure la guerra dei sette anni (1756-1763), combattuta in Europa e nelle colonie europee e quindi potrebbe definirsi come una guerra mondiale. Segnò l’affermazione tra i grandi della Prussia di Federico II e presentò, sempre sul palcoscenico dei grandi, la Russia zarista. Si chiuse (forse per l’apporto di grandi diplomatici) con un assetto geopolitico che sanciva un certo ordine multipolare.
Certo la guerra dei sette anni evidenziò la presenza (ingombrante per i guerrafondai d’occidente, allora ancora palesemente e nell’intimo forse sempre tirannici). Prova ne è che divenne “’incubo” di Napoleone Bonaparte (solo o consigliato?) che con la campagna di Russia (1812) s’incamminò verso il declino e verso S. Elena.
Ma il processo di Russo-fobia era già avviato e così i lupi europei (pur avendo cambiato il pelo ma non i vizi) si spinsero a combattere in Crimea (1853-1856) contro l’impero russo in favore degli Ottomani: i cristianissimi Regno Unito, Regno di Francia, Regno di Inghilterra “intimamente” avvinti con gli Ottomani contro gli zar ortodossi! Siamo d’accordo che non bisogna mischiare religione e politica, ma vogliamo considerare gli aspetti culturali? A discolpa dei belligeranti va detto che alla battaglia di Lepanto (1571) e alla difesa di Vienna (1683)non erano presenti i tre regni belligeranti (uno indifferente, uno simpatizzante con gli ottomani, il terzo allora non esistente come regno ma come ducato di Savoia). Certamente c’è poco da stupirsi se i regnanti di Francia avevano dimenticato le epiche gesta di Carlo Martello nella battaglia di Poitiers nell’anno 732 ; a meno che, come spesso accade, era una questione di politica- potere- espansione in danno di tutto e di tutti.
Siamo in pace ora? Ma quando mai! Gli orgogli nazionalistici di un tempo (per cui si alternavano guerre e pace a carattere per lo più “locale”) sono stati sopraffatti da organismi più sovranazionali che internazionali, invisibili più che visibili ma sempre “solleciti” a imporre inimicizie e amicizie; ed è ancora più grave che l’orgoglio ceda sempre più il passo al servilismo.
Si sono affinate le interferenze “plutocratiche” e religiose (sembra), non sempre miranti al vero bene dell’umanità. Addirittura si radica sempre più in noi la convinzione che stiamo vivendo una nuova guerra dei cento anni. Tutto ebbe inizio nel 1914 con l’inizio della grande guerra. Da oltre oceano e oltre Manica le scene belliche da calcare sono state centralizzate in Europa: ai nemici occasionali è sempre stata affiancata la immensa Russia, “visitata” da truppe alleate nel 1918 (o giù di lì), invasa da Hitler nel 1940, attenzionata (si dice) dagli anglo-americani nel 1945 per una possibile passeggiata fino a Mosca, continuamente additata dal 1917 come nemica della cristianità, dell’occidente, del mondo. Da un secolo circa le battaglie (guerre) insanguinano il mondo con i buoni (difensori autoproclamatisi di democrazia (?), cultura (?), religione (?) e pace (eterna?)) da una parte e i reprobi dall’altra. Ma cosa può giustificare gli immotivati attacchi ibridi che dall’occidente sono stati lanciati contro tutte quelle aree del mondo che non accettano il culto del nuovo dio denaro, dello strapotere singolo, della “automazione” del genere umano?
Non certo tutti quei personaggi che rinnegando i loro compiti istituzionali assecondano le voglie liberticide di chi più ha e più può!
Vogliono rispondere questi signori che spingono verso il nuovo ordine mondiale unipolare e verso l’abolizione del contante a delle semplici domande:
- forse i Creatore ha delegato qualcuno di loro a governare, in sua vece, tutto il genere umano?
- è il denaro come tale (reale o virtuale) la causa dei crimini (specie i più efferati) o lo sono solamente i pochi spiccioli in contanti di cui i comuni mortali possono disporre?;
- forse la corruzione e il mercimonio non navigano nel virtuale ?
- da quando in Europa in genere e in Italia in particolare (se abbiamo capito bene un discorso pronunciato in Abruzzo) siamo ridotti al rango di riserve indiane da cui cacciare via i nostri figli bisognosi e disoccupati per renderle libere, finanziate e disponibili a tutti quelli (diciamo coloni o vittime yankee) che ne facciano quasi richiesta (purché non figli nostri)?
- perché molti esponenti NATO-USA-UE istigano continuamente all’odio e alla guerra contro Russia e altri (guerra ovviamente lontana dagli USA e non causante possibilmente vittime USA e dei fedelissimi)?
No, non siamo mai usciti dal clima di guerra mondiale: lo dicono i fatti, i conflitti, i morti e i veri profughi. Anzi siamo in crescente pericolo, grazie a molti finti buoni e misericordiosi o se volete grazie a tanti lupi travestiti da agnelli.